Smart working sì ma con una limitazione. Attenzione alle regole da seguire nella navigazione con il PC aziendale.
Con l’avvento della pandemia ci siamo abituati a una nuova tipologia di lavoro, quella dello smart working. Sfruttatissima sino ad ora, tuttavia trova di fronte a sé delle limitazioni che andrebbero seguite
per evitare spiacevoli conseguenze.
Istruzioni per l’uso
Come è noto, i pc aziendali concessi in dotazione al dipendente contengono dati che costituiscono il patrimonio aziendale oltre ad essere un valido aiuto per svolgere la propria attività lavorativa.
Ora.
Con l’introduzione del Jobs Act, monitorare la navigazione in rete del lavoratore non è più vietata in sede di un eventuale contestazione disciplinare.
Pertanto è possibile verificare la diligenza dei dipendenti durante lo svolgimento del proprio lavoro.
Che succede al dipendente se ne fa un uso differente o se addirittura cancella alcuni di questi dati?
L’atto di cancellazione, manipolazione o trasferimento di qualsiasi elemento legato all’azienda comporta un reato civile e penale e può essere richiesto il risarcimento dei danni. Ciò rientra nella fattispecie della violazione dei doveri di fedeltà e diligenza e pertanto può tradurci nella giusta causa di licenziamento.
A dimostrazione della condotta illecita del dipendente, il datore può richiedere l’acquisizione dei messaggi privati inviati dal lavoratore a terzi.
A stabilirlo è una sentenza della Corte di Cassazione (la n. 33809 del 12/11/2021) che prende a oggetto un caso specifico:
una società ricorre alle vie legali chiedendo il risarcimento per violazione degli obblighi di fedeltà del dipendente a seguito dell’illegittima formattazione del pc aziendale, oscurando così le condotte imputategli.
Secondo i giudici il diritto a rispettare la privacy recede di fronte alla salvaguardia del segreto d’azienda, pertanto i dati personali possono essere trattati anche senza il consenso del titolare qualora l’utilizzo persegua l’obiettivo di tutelare il diritto societario.
Sulla base di ciò dunque la formattazione del computer corrisponde a reato di danneggiamento informatico e in quanto tale l’impresa può avvalersi di un tecnico esperto per il recupero delle informazioni perse.