Ci sono professionisti che non hanno il coraggio di dirlo né di dirselo. Non si identificano pienamente con il ruolo di consulente, vendendosi più che altro come venditori, ma la realtà non è questa. Ecco cosa conta davvero in una consulenza e quali errori evitare.
È vero quello che si legge in giro che
se il prezzo è la variabile più importante del nostro lavoro…allora non abbiamo la percezione giusta del nostro business?
I fattori razionali come la parcella (e quindi il prezzo) o la preparazione specifica del professionista, cioè le specializzazioni, non sono determinanti, nella maggior parte dei casi, per la scelta dello studio da parte del cliente.
A questo punto la domanda che ci facciamo è: quali sono allora i fattori che influenzano le decisioni del cliente?
Immaginiamoci il professionista intento a iniziare un colloquio o una trattativa con il cliente, dedicando spesso più tempo a presentare la sua consulenza piuttosto che ascoltare.
Il cliente, al contempo, ascolta e si fa una sua idea.
Ma su cosa si basa questa sua idea? Forse, come molti credono, solo sulla dovizia dei contenuti? O anche sul tono della voce e sulla passione che l’esperto mette nella sua esposizione? Queste sono senza dubbio le principali caratteristiche che ci verrebbero in mente, ma in accordo con recenti studi psicologici, non sono affatto quelle determinanti.
Cosa dovremmo fare, allora, per attrarre a noi un maggior numero di clientela?
Il potere del linguaggio non verbale
È stato dimostrato che la gestualità e la mimica facciale hanno un’incidenza di oltre il 55%. Questo cosa significa? Che un professionista competente nel suo campo ma avente una teatralità nei movimenti poco spiccata, avrà sempre meno avventori di uno abile nel dosare la gesticolazione?
Sembra impossibile, ma è proprio così!
Se non siamo proprio convinti, proviamo ad immaginare due persone che espongono la stessa identica frase: la prima la dice fissandoci negli occhi e con un volto che trasmette convinzione, l’altra roteando lo sguardo esprimendo un tono insicuro e monotono.
Quale delle due preferiremmo? Su chi faremmo più affidamento? Come potremmo ovviare a questo inconveniente?
Ad un errore corrisponde una soluzione
Il primo errore è presumere che chi abbiamo davanti capisca il linguaggio tecnico che prevede la nostra professione. Se non dovesse essere così? È ovvio che daremmo l’impressione di alterigia o di confusione…
Il secondo errore è quello di concentrarsi solo su concetti da enunciare, senza curare minimamente il tono della voce e la gestualità, caratteristiche che rappresentano la principale causa dell’impressione che le persone si fanno su di noi.
Il terzo errore è quello di cercare di metterci nei panni del cliente, ma mantenendo i nostri punti di vista. Pensiamo a quante volte ci è stato detto
“si fidi di me!”
e poi siamo stati ingannati. Queste sono espressioni fin troppo sentite, che escono dalla bocca di chiunque.
Non ci sarebbe pertanto un motivo, anche apparente, per il quale il cliente sarebbe portato a sceglierci.
Come riuscire allora ad individuare i nostri punti deboli?
In realtà un metodo pratico e veloce esiste, ovvero registrare la nostra voce, meglio se fatto mentre conversiamo con il cliente. Pensiamo però alla privacy….e in quest’ultimo caso è necessario chiedere un’autorizzazione al cliente, specificandone l’uso strettamente personale.