I giudici della Corte europea discutono del tema delle cessioni intra UE chiarendo che il termine di presentazione della prova deve rispettare i principi di effettività ed equivalenza. I dettagli.
Allontaniamoci ancora una volta dalle annose questioni legate ai bonus edilizi e prendiamo in esame una recente sentenza europea che ha a che fare con le attività di cessione intra UE.
Su questo tema i Giudici comunitari hanno discusso sulla possibilità di ammettere la presentazione successiva di prove atte a dimostrare le condizioni di esenzione IVA nelle vendite di beni in ambito UE.
Andiamo a vedere il caso specifico.
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Cessioni intra UE: la verifica fiscale
La sentenza C-664/21 analizza il rispetto dei principi comunitari di neutralità, effettività ed equivalenza.
Una società con base in Svizzera cedeva cosmetici a clienti con sede in Croazia e Romania. I beni depositati in Slovenia venivano trasportati nel Paese di destinazione usufruendo della non imponibilità prevista per le cessioni intra UE.
Nell’ambito di una verifica fiscale è sorta una controversia relativamente alla tardiva presentazione della documentazione comprovante l’esenzione IVA nelle cessioni, sulla quale ci si chiede se i principi enunciati nella Direttiva 2006/112, articolo 138, possano entrare in conflitto con la normativa nazionale
che vieta la presentazione e l’assunzione di nuovi elementi di prova che dimostrino il soddisfacimento dei requisiti sostanziali.
In realtà infatti la Direttiva non fisserebbe un termine oltre il quale un fornitore di beni non possa produrre ulteriori prove nell’ambito di un procedimento amministrativo.
Valutazioni della Corte
Nell’ambito della detrazione dell’Iva dunque, la Corte chiarisce che
il principio di neutralità dell’Iva impone la concessione di detrazione o il rimborso dell’IVA al soddisfacimento dei requisiti sostanziali, anche quando i soggetti passivi non abbiano rispettato determinati requisiti formali.
Pertanto le disposizioni nazionali possono rifiutare la presa in carico degli elementi di prova forniti in sede di accertamento
a patto che tali disposizioni
“non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni simili di natura interna (principio di equivalenza) e che non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività)”.
Per quanto concerne invece il nostro Paese le recenti ordinanze 5305 e 5307 del 20 febbraio scorso confermano la possibilità di rigettare la presentazione della documentazione nei contenziosi
solamente nei casi in cui risulti fallace, cosciente, volontaria e dolosa.
La normativa va dunque interpretata in modo da non ostacolare il diritto alla difesa del contribuente.